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Inzago – Palazzo Comunale

Localizzazione: Piazza Quintino di Vona – INZAGO

L’area su cui sorge il palazzo Comunale fu urbanizzata sin dall’epoca tardo-medievale, data la sua posizione a fianco del sagrato della chiesa parrocchiale di santa Maria dell’Assunzione (XIII sec.).

 

Immagine

1 – Villa Piola, sede del Comune, vista da P.za Q. di Vona

2 – soffitto di una sala al primo piano

3 – soffitto del salone al pian terreno

4 – porticato ad archi ribassati

5 – lo scalone d’accesso

6 – soffitto del vano dello scalone

Descrizione

Al momento il dato storico noto più antico è del 1583, quando i fratelli Caldarini di Vaprio comprarono da Gerolamo Gallarati un fondo di 463 pertiche, una “casa da nobile” e una “da massaro” esistenti su tale sedime.

Nel 1614 questi beni furono alienati ai fratelli Rachetti, liguri di Altare (SV), che avevano portato nel ducato le conoscenze della lavorazione del vetro e impiantato a Milano una vetreria.

Con il successo economico la generazione successiva aveva iniziato a investire in case e terreni a Inzago, più tardi in parte confiscati per un’incauta fidejussione.

Estinta la linea maschile, la casa e parte dei terreni passarono agli eredi di Giulia Rachetti che aveva sposato (1629) il conte Gio Batta Vezzoli; allora (1661) l’edificio era formato da una sala, camera annessa, cucina, camerino e quattro stanze al piano superiore. La descrizione dettagliata successiva riporta:

Segue la Casa da Nobile […] che consiste in piano terra una sala grande, con un picciol salettino annesso verso il giardino seguente la scala di vivo, con luogo di cucina, seguente sopra la sudetta scala, et salottino vi è una camera, et camerino et sopra la cucina altra camera, et con altro camerino, che resta superiore ad una parte del torchio con il medesimo torchio da vino, senza vasi vinarij, la cantina in volto di cotto, che resta sotto a parte de sudetti luoghi con scala di legno, per discendere, la corte d’avvanti, che piglia la dirittura del muro di testa del giardino unito a tre parti di muro di cinta con cortiletto di testa a detto giardino, con entro la conserva coperta di paglia, et portico rustico coperto da coppi, con di testa a detto portico un luogo con sopra camera per li servitori, a quali tutti i siti comprese le sudette case da Pigionanti restano sotto le coerenze da Levante case e siti del sig. Giuseppe Castelnovati, a Mezzo giorno strada, a Ponente in parte strada, et in parte il sudetto sito del Massaro, et a Tramontana casa e giardino del sodetto sig. Cipolla.

Tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 si deve ai fratelli Gerolamo, Giò Batta e Giorgio Vezzoli la costruzione nella forma attuale del palazzo che fu “riedificato quasi dalle fondamenta” mentre la facciata inglobò anche parte della contigua casa da massaro.

Nel 1716 i fratelli Vezzoli dovettero alienare i beni di Inzago per ripianare i loro debiti.

Acquirente fu Giuseppe Casati un abile uomo d’affari che aveva accumulato un’ingente ricchezza anche con la ferma del sale.

La decisione di comprare il palazzo Vezzoli a Inzago deriva molto probabilmente dall’occasione di un mero investimento che si consolidò nel tempo dalla volontà della seconda moglie Anna Maria Negri, sorella di Gioseffa moglie di Giò Batta Lecchi cui si deve in quel periodo la costruzione del proprio palazzo a Inzago (palazzo Marchesi).

L’investimento si estese con l’acquisto di terreni e la costruzione di due cascine: la Casata (ora denominata Brentana) e la Campiona.

Alla sua morte (1740) i figli minori dovettero affrontare una grossa esposizione debitoria per cui vendettero sia il palazzo di Milano (1743) sia la possessione di Inzago (1745).

Il palazzo di Inzago fu poi di proprietà del questore Giuseppe Lambertenghi e nel 1774 fu acquistato dai Pensa, protoindustriali della seta di origine lariana, che a Inzago avevano avviato la prima filanda moderna (1745) nel palazzo Moneta preso in locazione, trasferita poi in un nuovo fabbricato fatto da loro costruire dove adesso insistono la piazzetta Tullia Cornaggia Medici e il Centro De André.

I Pensa si muovevano a loro agio in Europa, avevano una visione commerciale internazionale derivante dai propri uffici in Olanda e Germania e quindi apprezzavano i decori particolari allora di moda, rappresentati nel palazzo dall’uso della carta da parati nelle camere da letto al piano superiore “tappezzate in carta a fiori” come risulta da un inventario della casa (1833).

Al piano terreno, nella sala “le pareti sono tappezzate in carta dipinta a varie vedute con figure”: erano questi i cosiddetti papier peint, panorami di paesaggi stampati in rotoli, incollati uno accanto all’altro, prodotti dall’inizio dell’800 in Francia.

Nella successiva sala à manger le pareti erano “tappezzate in carta alla Raffaellesca”.

La parete divisoria tra le due sale è stata abbattuta e il cielo fu controsoffittato negli anni ‘980 per creare un grande salone per il ricevimento del pubblico di una banca.

Recentemente la controsoffittatura è stata levata e sono riapparsi i decori settecenteschi originali.

Gli ornamenti interni al primo piano non trovano riscontro nella descrizione dell’inventario del 1833, presentano caratteristiche figurative databili posteriormente e quindi sono riconducibili a un intervento dei Piola.

Sia al primo piano sia al piano terreno qui e là sono apparsi i decori settecenteschi sottostanti.

Nel palazzo Comunale, in più riprese nel secolo scorso, si susseguirono interventi di trasformazione dei locali interni finalizzati all’uso di uffici.

La “galleria” al primo piano è oggi utilizzata come sala consiliare abbellita da sovraporte e da alcuni quadri di paesaggi; purtroppo è stata erasa la decorazione del soffitto, rifatto totalmente l’intonaco con la scomparsa della fascia sottostante; restano di pregio le porte e sopraporte recentemente restaurate da cui si accede alle ex stanze da letto e saletta, ora utilizzate quali uffici.

Tra il 1828 e il 1839 Gabrio Piola Daverio (1794-1850), illustre matematico autore di studi di fisica e meccanica e in particolare del comportamento dei corpi sotto l’azione di forze (tensori nominali di tensione detti di Piola-Kirchoff) riqualificò l’assetto dei propri immobili fortemente degradati e pertanto alienò la villa avita di via Besana 8 e altri edifici per comprare il palazzo dei Pensa (1833).

Il relativo interesse dei Piola Daverio per il palazzo emerge dalle trattative per la sua alienazione di cui ci è noto un unico interlocutore: il Comune.

Questo disegno si realizzò solo nel 1920 con l’acquisto del palazzo dagli eredi di Angela Piola (1866-1912) sposata con il generale Carlo Porro.

Sotto il profilo architettonico restano di particolare pregio il portale, l’atrio a tre campate con 6 pilastri e 10 lesene di ceppo gentile che sostengono finti archi ribassati realizzati con controsoffittature di cannette e lo scalone con balaustra di ceppo.

Note

Nel 2015 i dipinti della Villa sono stati restaurati grazie al contributo di cittadini inzaghesi, aziende e fondazioni.

Bibliografia

“Ville di delizia e dimore storiche in Martesana”, edizioni Ecomuseo Martesana (2017)

https://drive.google.com/drive/folders/1KQfDhrdaUBv1A3PKrpYj8gZ7XQo4eTNe

Autore: Enzo Motta, Inzago  
Datazione: Sec. XVI
Numero scheda catalogo heritage: